The Network State, gli Stati della rete, un libro dell’investitore di criptovalute Balaji Srinivasan, ha riscosso grande successo dopo la pubblicazione il 10 luglio e sta sollevando molte questioni sul mondo blockchain e DeFi.
Il libro si concentra sullo sviluppo di società di avvio basate nel cloud, che utilizzano una criptovaluta incorporata e il crowdfunding di territori fisici.
Il creatore di Ethereum Vitalik Buterin ha parlato del libro in un post sul blog il 12 luglio di questo mese.
Anche se Vitalik non si dice certo d’accordo con Balaji su alcune questioni, senza dubbio sostiene il test di diversi Network States. Gli stati di rete “possono essere visti come tentativi di delineare una narrativa politica più ampia per le criptovalute”, scrive l’autore. Gli stati della rete offrono l’opportunità di creare intere community ed ecosistemi attorno alla blockchain. Impedendo che le criptovalute diventino un mero ritrovo per speculatori folli, ai limiti della ludopatia, e i cosiddetti Crypto Bro, che da anni invadono ogni angolo del web e dei social media.
Sebbene il concetto di stati di rete suoni come se appartenesse a un romanzo di Ray Bradbury, diversi prototipi stati avviati durante la bull run cui abbiamo assistito nell’ultimo trimestre dell scorso anno. Dopo essersi affermata con decisione nel luglio 2021. CityDAO, ad esempio, ha acquisito una proprietà di 40 acri nel Wyoming per una somma non rivelata. Praxis, d’altro canto, ha già raccolto 15 milioni di dollari per finanziare la loro città tecnologicamente avanzata.
Vitalik Buterin aveva precedentemente sottolineato in più occasioni quanto preferirebbe vedere meno jpeg scimmia e più beni pubblici nella criptovaluta. Una soluzione potrebbero appunto essere gli stati della rete. Vitalik utilizza CityDAO come esempio e fornisce alcuni esempi di possibili stati della rete. Alcuni dei quali restano in ogni caso più plausibili di altri.
Stai cercando una community di appassionati di cultura Vegan? Può esserci uno stato della rete popolato e frequentato da persone con i medesimi interessi. Stai cercando di vivere in una nazione che accetta solo criptovalute o in una che consente la nudità pubblica? Il piano di gioco è invariato. Secondo questa definizione, “qualcuno di quasi tutte le ideologie politiche potrebbe trovare una qualche forma di stato in rete che potrebbe sostenere”, ha scritto Vitalik.
Un po’ come oggi abbiamo i gruppi su Facebook. Quindi ambienti popolati e frequentati da community unite unicamente da un interesse possono scambiare opinioni o discutere. Senza barriere di nazionalità, sesso, età cultura o altro. Parliamo quindi di stati virtuali ove ciò che accomuna la popolazione che vive questi “luoghi” non sia unita dalla mera presenza fisica sul territorio, come accade per gli stati nazionali. Ma unicamente per scelta personale e per le proprie idee, passioni e inclinazioni.
È un’idea complessa e decisamente ambiziosa. Ma fino a pochi anni fa sembrava impensabile poter discutere ad esempio di Ethereum, direttamente da casa propria, con decine di persone dall’America, dall’Australia, dall’Asia o da qualche isoletta sperduta. Tutti riuniti solamente da un interesse, in uno spazio virtuale accessibile e costruito ad hoc. Ciò che il progresso tecnologico potrà rendere accessibile a distanza di anni è sempre una grande incognita, ma non dovrebbe più stupire ormai se realmente vedremo in futuro realizzarsi ciò che oggi è solo nella mente e nella penna di qualche controverso visionario.
“Uno stato nella rete è una rete sociale con innovazione morale, un senso di coscienza nazionale, una capacità di azione collettiva, un livello di civiltà paragonabile a quello che si trova di persona, una criptovaluta integrata, un governo consensuale vincolato da uno smart contract sociale, un arcipelago di territori fisici finanziati in crowdfunding, una capitale virtuale e un censimento a catena che dimostri una popolazione, un reddito e un’impronta immobiliare abbastanza grandi da raggiungere una certa influenza diplomatica”.
Vitalik riconosce che lui e Balaji hanno prospettive diverse sul libertarismo della teoria dello stato di rete.
Mentre Balaji si inclina maggiormente a destra e pensa che la soluzione risieda nel forgiare nuove comunità autosufficienti e più omogenee, Vitalik afferma di essere abituato a un’idea di sinistra di promuovere l’uguaglianza attraverso la regolamentazione.
Vitalik suggerisce di introdurre più democrazia e un ampio coordinamento per trovare una via di mezzo tra le due visioni del mondo. Sebbene all’inizio sia normale che i fondatori siano figure influenti negli stati della rete, secondo Vitalik, dovrebbe esserci un graduale trasferimento di potere alla popolazione generale. Secondo lui, l’input di più membri della comunità sarà automaticamente preso in considerazione man mano che lo stato della rete avanza in termini di maturità e scala.
Vitalik sostiene che il voto democratico tradizionale potrebbe essere più appropriato della governance basata sul numero di coin detenute al fine di decentralizzare ulteriormente il potere.
“La mia rapida risposta (e penso che Vitalik sarebbe d’accordo) è che il concetto di stato della rete è abbastanza flessibile da accogliere queste modifiche proposte”. Balaji ha risposto positivamente su Twitter ai suggerimenti di Vitalik. Il discorso che al momento viene fatto intorno agli stati della rete è molto più una cassetta degli attrezzi a disposizione degli sviluppatori in futuro, che un manifesto.
Balaji e Vitalik concordano sul fatto che gli stati della rete subiranno un gran numero di esperimenti e iterazioni alla ricerca del sistema ideale. Proprio come è stata l’evoluzione delle società nel mondo fisico. Con le tempistiche e dinamiche molto più lente e graduali peculiari del mondo fisico, naturalmente.
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