Non è ancora chiaro l’approccio di Apple al mondo degli NFT ma in questa occasione l’azienda californiana non ha fatto prigionieri
Apple è ancora incerta su come comportarsi riguardo gli NFT. L’azienda con sede a Cupertino ha permesso al marketplace NFT OpenSea di lanciare un’app sul proprio store, ma solo come browser.
La stessa fine è toccata all’app Rarible, che viene descritta sullo store Apple come un’app per “visualizzare” oggetti da collezione blockchain. Da nessuna parte si legge la possibilità di poter vendere o acquistare NFT.
Questo approccio ambiguo nei confronti degli NFT da parte di Apple ha portato gli sviluppatori ad essere incerti circa i teermini di cosa gli è o non gli è permesso fare. Questa è la storia di uno di questi sviluppatori: Alan Lammiman, fondatore di Daily Apps.
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Apple contro gli NFT
Lammiman, oltre ad essere il fondatore di Daily Apps, è stato il creatore dell’app marketplace NFT conosciuta come Sticky.
L’app è rimasta presente nell’App Store per svariati mesi, salvo poi essere rimossa da Apple stessa qualche tempo fa. Nel corso della sua permanenza sull’App Store, Sticky è stata aggiornata diverse volte con la dicitura “NFT” all’interno del codice, processo che alla lunga ha portato alla sua rimozione dallo store. Apple ha mosso l’accusa che Sticky utilizzasse termini fuorvianti, come ad esempio il termine “NFT” per oggetti da collezione digitali che non erano coniati su una blockchain pubblica, e ha rimosso definitivamente l’app.
In effetti l’app Sticky si muoveva su un terreno ibrido. Utilizzando un ledger privato e proprietario aveva aggirato i termini di “oggetto da collezione su blockchain pubblica”. Nel testo di spiegazione agli utenti, l’azienda specificava però che i suoi “oggetti da collezione” non erano “titoli, valute convertibili o investimenti”.
Il caso di Sticky è emblematico e mostra in che direzione un gigante della tecnologia come Apple si voglia muovere nei confronti di un mercato in costante crescita come quello degli NFT.
Sticky, il capro espiatorio
Inizialmente l’app Sticky nasceva nel 2020 come strumento per creare adesivi. In seguito il progetto non è andato come previsto e l’azienda si è spostata nel mondo degli NFT.
Nel corso dello scorso anno, Sticky ha ricevuto diversi finanziamenti tramite raccolte fondi che le hanno permesso di creare un’app in grado di coniare NFT sul libro mastro di Sticky. All’interno dell’app gli utenti potevano vendere e comprare oggetti fatti con Sticky, immagini NFT che venivano “oscurati” in caso non si fosse i proprietari. Grazie a questa caratteristica gli NFT creati all’interno di Sticky non potevano essere copiati e rivenduti su altri marketplace come OpenSea. Nell’app tutte le transazioni venivano effettuate in “StickyCoin” che però non è una vera e propria criptovaluta, bensì pacchetti acquistati in-app.
In questo modo Lammiman ha voluto sottostare alle regole imposte da Apple, cercando al contempo un modo per aggirarle.
“Apple dispone varie limitazioni per quanto riguarda le app di criptovaluta“, ha dichiarato Lammiman. “Nonostante nessuan delle regole imposte da Apple vieti esplicitamente di utilizzare una valuta in-app che sia anche una criptovaluta, abbiamo pensato di evitare il problema del tutto utilizzando gli StickyCoins, che sono a tutti gli effetti solo una valuta in-app“.
Gli acquisti di NFT all’interno dell’app avvenivano solo dopo un’analisi del nome, foto e indirizzo del creatore e dei requisiti anti-frode. I pagamenti avvenivano alla fine del mese attraverso il circuito PayPal poiché gli StickyCoin non erano convertibili in valuta corrente.
Fino al giorno in cui è stato rimossa, Sticky permetteva solo le funzioni di trading primario. Gli utenti non furono contenti che le funzioni di trading secondario non fossero state implementate, anche se l’azienda si era ripromessa di introdurle più avanti.
Sticky non è un’app NFT
Il problema sta nella centralizzazione totale di Sticky. Il libro mastro di Sticky non viaggia su una blockchain decentralizzata come avviene per Bitcoin o Ethereum. Il ledger di Sticky, invece, veniva gestito dall’azienda stessa con nessuna trasparenza delle transazioni e dei suoi storici.
Tra le recensioni negative dell’app si trovavano commenti sulla scarsa trasparenza delle transazioni di Sticky considerandola una vera e propria truffa. O anche lamentele circa l’acquisto degli NFT tramite valuta in-app e non in criptovaluta.
Dopo che Apple aveva avvertito Sticky di non utilizzare la parola “NFT” in quel modo. L’app ha aggiornato i termini di contratto agli utenti permettendo a quest’ultimi di esportare i propri NFT su una blockchain pubblica.
Sticky: innocente, ma…
Il 12 marzo di quest’anno, però, Apple ha sottoposto a revisione l’app Sticky e da allora gli aggiornamenti dell’app non sono stati più approvati. Da quel momento Sticky ha cercato di contattare Apple per ricevere spiegazioni o dettagli su cosa fare per evitare la rimozione ma l’azienda ha ricevuto solo una e-mail:
“Comprendiamo la preoccupazione di una così lunga attesa circa la revisione della vostra app. La revisione è ancora in corso e richiede ulteriore tempo. Forniremo ulteriori aggiornamenti di stato non appena saremo in grado, o vi contatteremo se abbiamo bisogno di ulteriori informazioni.“
Nonostante Sticky non fosse necessariamente “fuori regola” secondo le norme dello store di Apple, è indubbio che stesse operando in un terreno alquanto discutibile vista la mancanza di trasparenza data da un ledger proprietario.
Il rischio da parte degli utenti era quello che un giorno Sticky avrebbe potuto chiudere da un momentyo all’altro, con conseguente perdita di tutti gli NFT acquistati e del loro valore.
Il problema di tutta la faccenda sta però nella cattiva gestione da parte di Apple delle politiche relative alle app che utilizzano la parola “criptomoneta” o “NFT” all’interno del proprio codice. L’impossibilità di difendersi, o quantomeno di tornare ad un’app di adesivi, da parte di Sticky testimonia la poca chiarezza delle regole che gli sviluppatori di app devono seguire per operare all’interno dell’App Store.