Per il Governo italiano, ieri come oggi, sembra essere più facile risolvere qualsiasi crisi interna o internazionale, ma arrivare alla Riforma del Catasto appare ancora oggi come una vera “mission impossible”.
Minacce, presunte o palesi, di far crollare la maggioranza, porte che sbattono, contraccolpi seguiti da confidenze vendicative sussurrate alla stampa. Nel corso del tumultuoso “quotidiano” della vita parlamentare romana, dove niente è più odiato della noia, niente di tutto ciò ormai sorprende.
Se si parla di Riforma del Catasto è guerra aperta, è scontro, è tutti conto tutti!
È addirittura naturale, quando l’Italia si trova, come il resto d’Europa, alle prese con la più grave crisi internazionale dalla fine della guerra fredda, che emergano alcune turbolenze all’interno dell’attuale maggioranza di governo. E fin qui è tutto normale.
E infatti le ultime settimane sono state costellate da tensioni e minacce, al punto che lo stesso Presidente del Consiglio, solitamente impavido, è stato insolitamente nervoso, il 9 marzo scorso, in tribuna della Camera dei deputati. Quello che è strano, d’altra parte, è che questi dissensi non hanno assolutamente nulla a che fare con la geopolitica.
Se il governo italiano sembra almeno su alcune questioni lacerato internamente, è per un tema molto più delicato: la riforma del catasto, quella che il Premier Mario Draghi sta cercando di attuare, nonostante la riluttanza di buona parte della sua maggioranza.
Annunciato da anni, questo progetto è spesso citato in Italia come l’esempio stesso di una riforma che è insieme essenziale e anche impossibile. La materia è tecnica, anche secca, ma anche centrale per tutte le famiglie italiane, perché il catasto è alla base del sistema tributario locale italiano.
È dai valori che vi si registrano che viene fissata la tassazione, sia per l’impopolare IMU (imposta sugli immobili) che per la TARI (imposta sulla raccolta dei rifiuti). I valori registrati? Lo sapevi che risalgono al 1989, più di trent’anni fa, e quindi non hanno più alcun rapporto con la realtà?
In virtù di questo stato di cose, in alcuni centri urbani un appartamento può valere quattro o cinque volte di più del suo valore catastale, mentre in altre zone il valore catastale può essere molto vicino ad un valore di mercato.
Conseguenza: il proprietario di un appartamento situato a Milano o Venezia, iscritto al catasto a 100.000 euro, vale quattro o cinque volte di più e pagherà come il proprietario di un appartamento in una città media, iscritto a 100.000 euro ma che vale molto molto meno. Vi rendete conto?
La riforma del Catasto si farà, “si deve fare, gioco forza”, perché all’archivio degli immobili italiani serve un aggiornamento e più trasparenza ma non ci sarà nessun aumento delle tasse. E’ questo il doppio punto fermo del ragionamento del Premier Draghi per cercare di rassicurare il centrodestra, piuttosto agitato, con l’esecutivo che sul tema ha rischiato di andare in frantumi, salvandosi per due volte all’ultimo voto.
E proprio a stemperare gli animi è servito l’incontro, definito “molto collaborativo” del 13 aprile con il Presidente del Consiglio che – almeno per ora – ha trovato la sintesi in attesa di un nuovo faccia a faccia.
Ce la farà Draghi a realizzare una riforma epocale, tra mille insidie e mille rischi? Staremo a vedere.
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