In questo articolo scopriremo cos’è realmente il metaverso e quali sono le implicazioni futuro di questa straordinaria tecnologia
La parola “Metaverso” sta spopolando sempre più nell’ultimo periodo, grazie anche alle decine di artisti e persone dello spettacolo che annunciano continuamente i loro acquisti effettuati nel mondo virtuale.
L’etimologia della parola “metaverso” proviene dal romanzo di Neal Stephenson Snow Crash, del 1992, dove l’autore descriveva appunto un mondo virtuale largamente accettato dalla società in una sorta di distopia, neanche così stramba dopotutto, del 21° secolo.
Nel romanzo Snow Crash il metaverso è proprio un mondo in realtà virtuale nel quale gli avatar delle persone possono acquistare e vendere beni, mobili e immobili, indossando semplicemente degli occhiali VR.
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I tre elementi cardine del metaverso sono: la proprietà digitale, gli avatar e un’interfaccia VR. Eppure nessuno di questi elementi è fondamentale. Il metaverso si crea in un ambiente virtuale graficamente appagante, piuttosto simile alla realtà, nel quale le persone possono fare tutte quelle cose che fanno nella vita reale (socializzare, acquistare vestiti, giocare insieme ecc.) attraverso l’utilizzo delle loro controparti digitali, gli avatar.
Matthew Ball, famoso ed influente venture capitalist, ha descritto il metaverso come “una sorta di stato successore dell’internet mobile“. Esattamente come l’avvento dei primi smartphone ha completamente rivoluzionato la nostra vita e il nostro concetto di lavoro, il metaverso si prefigura di fare lo stesso.
La grande differenza rispetto all’innovazione di internet o all’utilizzo degli smartphone è che quest’ultimi erano di facile accesso e interconnessi fra loro, mentre il metaverso sembra essere un qualcosa troppo di nicchia. Ma procediamo con calma.
Abbiamo compreso che il termine “metaverso” ha quest’anno compiuto trent’anni e quindi non può essere considerato un termine nuovo. Ma il concetto di metaverso?
Beh, anche quello è riconducibile ad un epoca passata, quando negli anni ’90 spopolò l’idea della realtà virtuale e anche grandi catene come Sainsbury’s o Walmart iniziarono a rendere lo shopping un’esperienza virtuale. Ma il più famoso dei mondi virtuali che possono essere assimilati al metaverso è sicuramente Second Life.
Secondo Life è una “piattaforma multimediale online” lanciata nel 2003 che assomiglia vagamento ad un gioco di ruolo dove le persone si trovavano a vivere una vera e propria seconda vita nei panni dei loro avatar virtuali. All’interno del mondo di Second Life è possibile socializzare con gli altri partecipanti, acquistare beni mobili e immobili, ma anche andare in discoteca, partecipare a riunioni d’affari o incontri romantici. Esiste persino una valuta digitale con la quale effettuare gli acquisti all’interno di quello che a tutti gli effetti è il progenitore del metaverso.
In tanti non lo ricorderanno ma Sony, nel lontano 2008, iniziò la sua prima versione di metaverso con il suo PlayStation Home. L’hub virtuale chiuse nel 2015 senza troppi patemi da parte degli utenti PlayStation 3 poiché a parte effettuare acquisti mirati e guardare un sacco di pubblicità, non c’era molto da fare.
Eppure, la recente demo sviluppata da Zuckerberg per introdurci al nuovo concetto di metaverso del suo Meta, è molto simile allo stile artistico di quanto proposto da Sony ormai 15 anni fa.
Negli ultimi tempi il metaverso è stato uno degli argomenti più chiacchierati e discussi, anche grazie a tutte le celebrità che ne hanno parlato nei loro social aumentandone l’interesse anche nel grande pubblico.
Sicuramente Mark Zuckerberg ci ha messo del suo da quando nel lontano 2014 Facebook acquistò Oculus, la casa produttrice del visore di realtà aumentata, era possibile intuire dove saremmo finito nel giro di una decina di anni. Ed eccoci qui nel 2022 a parlare del metaverso negli stessi termini nei quali veniva descritto all’interno del romanzo degli anni ’90 Snow Crash.
Un’altra parola sulla bocca di tutti nell’ultimo periodo è blockchain. Senza l’utilizzo delle blockchain il metaverso non sarebbe possibile, come non sarebbero possibili gli NFT. I non-fungible token sono la nuova moda del momento, ma una moda destinata a rimanere in quanto troppi artisti e celebrità stanno spostando lì il loro business, vendendo la propria arte e organizzando concerti all’interno di un metaverso.
La differenza tra lo scambio di un oggetto in Second Life, ma in qualsiasi altro “mondo virtuale” attualmente concepito, e uno all’interno del metaverso è il concetto di proprietà. Solitamente qualsiasi cosa comprata all’interno di un mondo di gioco è soggetto ad un contratto di licenza. Nel metaverso, invece, gli NFT posseduti hanno una propria e singola proprietà, modificabile attraverso la compravendita ma pur sempre unica.
Anche la pandemia di coronavirus ha giocato un ruolo fondamentale nell’accettazione del metaverso agli occhi delle persone comuni. Il continuo utilizzo di piattaforme come Zoom o Hangout hanno abituato le persone a contatti sempre più virtuali, con l’utilizzo spesso di avatar e ogegtti colorati come sfondo.
Alla fine dello scorso anno, quando Facebook ha rebrandizzato il suo nome in Meta, era chiaro a tutti in che direzione si sarebbe mosso il mondo nei prossimi mesi e chissà, magari anche negli anni futuri. Nel frattempo i governi paiono comprendere solo adesso l’importanza del metaverso e del mondo delle blockchain in generale. Adesso, con il conflitto in Ucraina che si sta consumando in questi giorni, diversi Paesi hanno cominciato a discutere di piani di regolamentazione di tutti i cripto asset.
Alcuni sostengono che tra metaverso e videogioco non ci sia una così grande differenza. Di questo parare è il CEO di Microsoft Satya Nadella che, a seguito del maxi acquisto di Blizzard Activision, ha così commentato: “Quando pensiamo alla nostra visione di ciò che può essere un metaverso, crediamo che non ci sarà un unico metaverso centralizzato e non dovrebbe esserci. Abbiamo bisogno di supportare molte piattaforme metaverse … nel gioco, vediamo il metaverso come una collezione di comunità e identità individuali ancorate a forti franchise di contenuti, accessibili su ogni dispositivo“.
Per Nadella il concetto di metaverso è decisamente diverso da quello di Zuckerberg e altri. Per il CEO di Microsoft il metaverso non può essere una singolarità, ma piuttosto una pluralità nella quale ogni videogiocatore sceglie come e dove vivere la sua esperienza di realtà virtuale. Immaginate dei grandi metaversi ispirati a videogiochi come World of Warcraft o Call of Duty: Warzone.
Nello stesso anno in cui Zuckerberg ha acquistato Oculus, Microsft comprava i diritti per uno dei giochi più famosi della storia recente dei videogame, Minecraft. Il gioco è una perfetta rappresentazione di un metaverso all’interno di un videogame nel quale è possibile fare praticamente qualsiasi cosa.
Un altro esempio di metaverso esistente da tempo è Roblox, un videogioco nato nel 2006 nel quale i partecipanti potevano creare dei mondi virtuali al suo interno e invitare altri utenti a condividere ogni genere di esperienza con loro. Anche Fortnite ha abbracciato completamente il metaverso quando già nel 2020 aveva ospitato il concerto di Travis Scott attirando la presenza di ben 27 milioni di partecipanti. Per molti questa è stata la cosa più vicina al concetto di metaverso che si sia mai vista fino ad ora.
Nonostante il grande fermento attorno a questo nuovo modo di intendere la realtà virtuale, la tecnologia sottostante ha ancora bisogno di un po’ di rodaggio. Non esiste ancora una vera “domanda” per la creazione di un metaverso che non sia solo una parte di un gioco o di un qualcosa di più familiare.
Il più grande ostacolo che Zuckerberg e soci devono superare è la cosiddetta interoperabilità. Con questa parola s’intende la possibilità di portare con sé oggetti (ma anche skin, nft, canzoni, felpe ecc.) da un metaverso ad un altro.
Affinché il metaverso possa davvero sostituire, o quantomeno diventare parte integrante, la nostra vita reale con una virtuale deve prima superare alcuni ostacoli di carattere tecnico. Oltre a questo, come già detto, la gente deve voler spendere del tempo nel metaverso piuttosto che nella vita reale e non è un’impresa così facile.
Nonostante l’idea di vivere all’interno di un mondo virtuale possa sembrare allettante e allo stesso tempo fantascientifica, ricordiamoci sempre che le trasposizioni letterarie e cinematografiche del metaverso (Matrix, Snow Crash ecc.) hanno sempre proposto quest’ultimo come un luogo di fuga da una realtà ben peggiore. Speriamo non sia questo il caso.
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