Il capo della commissione per l’energia della Duma di Stato russa ha suggerito di vendere il proprio gas naturale per bitcoin
Lo scorso 22 marzo, Christine Lagarde, presidente della Banca Centrale Europea, aveva dichiarato che “i volumi di rubli in stablecoin, in cripto, al momento è il livello più alto che abbiamo visto forse dal 2021″
Questo è stato il discorso tenuto dalla Lagarde, notoriamente poco affine al mondo cripto, ai presenti del vertice sull’innovazione dei Regolamenti Internazionali (BIS).
I più attenti hanno notato però una disparità tra i dati forniti dalla Lagarde e le effettive transazioni in criptovalute da parte dei cittadini russi.
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Il mercato cripto in Russia
Una delle voci che si è levata contro la valutazione della Lagarde è stata quella di Chainalysis, la famosa società di intelligence che si occupa di tracciare tutte le transazioni che avvengono nel mercato cripto.
Nonostante non ci siano i dati completi di tutti gli exchange, al 18 marzo il volume di acquisto di cripto asset in rubli si aggirava intorno ai 7,4 milioni di dollari, decisamente in calo rispetto ai 70 milioni del 7 marzo.
Chainalysis è uno strumento talmente sicuro da essere utilizzato persino dalle autorità competenti al tracciamento delle criptovalute per l’utilizzo in indagini su terrorismo, criminalità organizzata ma anche per quanto riguarda sanzioni come quelle imposte a Iran e Corea del Nord.
Lo stesso Jonathan Levin, Il co-fondatore e Chief Strategy Officer di Chainalysis, ha avuto un confronto diretto con un politico statunitense non particolarmente amante delle criptovalute. La senatrice Elizabeth Warren ha, infatti, indetto un’udienza lo scorso 17 marzo su “Capire il ruolo dei beni digitali nella finanza illecita” davanti al Comitato bancario del Senato.
Durante il confronto la senatrice ha chiesto esplicitamente a Levin se un oligarca russo potrebbe utilizzare una qualche forma di “offuscamento” per nascondere 1 miliardo di dollari. La risposta del co-fondatore di Chainalysis è stata secca e decisa: “Senatrice, la risposta a questa domanda è ‘no‘”, poiché servirebbe un quantitativo di liquidità reale che non esiste.
Contro il dollaro, a favore di bitcoin
Pavel Zavalny, capo della commissione per l’energia della Duma di Stato russa, ha quindi proposto la vendita di gas naturale per bitcoin proprio per aggirare in qualche modo le pesanti sanzioni che la Russia sta ricevendo in questi giorni.
Secondo Zavalny, le “nazioni ostili” (cioè quelle che stanno imponendo le sanzioni alla Russia) dovrebbero pagare il gas esportato in rubli o in oro mentre le “nazioni amiche” (come la Cina e la Turchia) potrebbero pagare sia in rubli che con le proprie valute. “Abbiamo proposto alla Cina per molto tempo di passare a regolamenti in valute nazionali per rubli e yuan”. “Con la Turchia, sarà lira e rubli. Il set di valute può essere diverso, e questa è una pratica normale. Se ci sono bitcoin, scambieremo bitcoin“, ha dichiarato Zavalny a Coindesk.
La Russia è perciò ben consapevole del dibattito sulle criptovalute come ulteriore strumento di sanzioni da parte dell’Occidente e uno stop totale sulle transazioni cripto in tutti gli exchange potrebbe provocare non pochi effetti collaterali.
Dedollarizzare la Russia
Un altro degli aspetti che emrge dalle parole di Zavalny è che la Russia vuole seriamente staccarsi dai vincoli di prezzo in dollaro o euro nel commercio internazionale, in particolar modo per quanto riguarda gas naturale e petrolio.
Dal 2014, dalla cosiddetta annessione della Crimea, la Russia ha cominciato a subire le prime sanzioni in ambito commerciale ed economico. Da allora, secondo Mrugank Bhusari e Maia Nikoladze dell’Economic Statecraft Initiative, la Russia e la Cina sono diventate “partner nella dedollarizzazione“.
Secondo il rapporto discusso al GeoEconomics Center dell’Atlantic Council “il 23% delle esportazioni russe in Cina sono state regolate in dollari nel 2020, [mentre] il 60% delle esportazioni cinesi in Russia erano ancora espresse in dollari.”
La Russia è al momento stata tagliata fuori dal più importante sistema di pagamento internazionale, lo SWIFT, e potrebbe riprendere il progetto di un’alternativa bilaterale a quest’ultimo come già proposto tre anni fa.
Dollaro contro Yuan digitale
Quello che preoccupa gli Stati Uniti, un po’ tutto il mondo occidentale in realtà, è il lancio di una valuta digitale in Cina. Il lancio di uno yuan digitale potrebbe ridimensionare completamente i rapporti di forza che esistono al momento e destabilizzare il ruolo del dollaro come valuta di riserva del dollaro.
Ecco perché il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha incaricato tutte le agenzie governative di proporre un quadro normativo per tutti cripto asset, lo scorso 10 marzo.
“Il dollaro statunitense è la valuta di riserva, ma più aspettiamo ad adottare una criptovaluta che mantenga la privacy, più pericoloso potrebbe diventare lo yuan digitale. Ecco perché la Fed dovrebbe fare qualche passo in più a proposito di questa questione“. Queste sono state le parole del repubblicano leader della Task Force per la tecnologia finanziaria della Camera Tom Emmer, il quale la scorsa estate avvertiva già il congresso di un’urgenza che altri non vedevano.