Proof-of-work e proof-of-stake sono i due meccanismi di mining di criptovalute più popolari. Scopriamo quali sono le differenze.
Per dirlo in maniera semplice, il proof-of-work ed il proof-of-stake sono due modi diversi per coniare le criptovalute. Più precisamente, proof-of-work e proof-of-stake sono due tipi di meccanismo di consenso progettati per risolvere il problema della fiducia tra i partecipanti in una rete blockchain.
Il discorso su proof-of-work e proof-of-stake potrebbe sembrare tecnico a prima vista, ma non è. Di fatto riflette le differenze di approccio di due meccanismi che hanno lo stesso obiettivo. Le differenze sostanziali coinvolgono:
- Sicurezza della rete;
- Eco-sostenibilità;
- Barriere all’ingresso;
- Decentralizzazione.
L’obiettivo di un sistema blockchain è garantire che le transazioni vengano elaborate e registrate come previsto, ovvero peer to peer.
Questo significa senza la necessaria fiducia tra le parti e senza un intermediario. Affinché ciò sia possibile, la rete deve essere progettata in modo tale che sia impossibile (o almeno molto difficile) per i partecipanti spendere due volte la criptovaluta o annullare le transazioni precedenti.
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Cos’è la Proof-of-Work per la blockchain
Il Proof-of-work è un sistema che in realtà esisteva prima di Bitcoin (BTC), anche se è conosciuto principalmente per questo. Addirittura viene talvolta chiamato Nakamoto Consensus, ovvero lo pseudonimo dell’ancora sconosciuto inventore della cripto-moneta più famosa.
Nella blockchain proof-of-work vige la regola “la catena più lunga vince”. Ciò significa che i partecipanti alla rete blockchain accettano la catena di blocchi più lunga come l’unica valida. La regola impedisce a più catene, ognuna delle quali riflette diverse versioni della storia, di coesistere fianco a fianco.
Più lunga diventa la blockchain, maggiore è la potenza di calcolo e le risorse necessarie per aggiungere blocchi. Affinché la regola della catena più lunga funzioni in modo sicuro, l’aggiunta di nuovi blocchi alla catena è progettata per essere difficile. Ovvero deve essere costosa e dispendiosa in termini di tempo.
I partecipanti alla rete competono per risolvere complessi enigmi crittografici e diventare i primi sulla rete a convalidare con successo ogni nuovo blocco. Metaforicamente, questo processo viene chiamato “mining”.
Un problema di proof-of-work richiede più tentativi, consumando una notevole potenza di calcolo, prima di essere risolto con successo. È questione di riprovare, fallire ancora, fallire meglio, come direbbe Sam Beckett. Per fare tutto questo c’è bisogno di hardware e macchine sempre più potenti.
Bitcoin ed il Proof-of-Work
Satoshi Nakomoto ha spiegato nel white paper di Bitcoin che “la catena più lunga non serve solo come prova della sequenza di eventi , ma prova che la più grande potenza di calcolo vince”. Da questo principio, possiamo capire subito che i sistemi blockchain proof-of-work richiedono potenze di calcolo significative per funzionare.
Questo ha portato i sostenitori del decentramento a sostenere che con la crescita di Bitcoin, il mining è diventato un privilegio quasi esclusivo di coloro che hanno i mezzi per rimanere competitivi, investendo negli hardware più sofisticati e potenti.
Ma la potenza di calcolo ha un’implicazione significativa. Alimentare l’hardware necessario per estrarre la Bitcoin consuma molta elettricità. Questo è un prezzo da pagare che secondo alcuni è troppo alto in un’era di crescente preoccupazione per il cambiamento climatico.
Per far fronte a questo la Cina ha imposto il divieto di mining di criptovalute nella regione della Mongolia. Queste imposizioni sono una risposta alle centrali a carbone (altamente inquinanti) utilizzate dai minatori di criptovalute. Non è un segreto che la Cina non favorisca le criptovalute all’interno della sua economia.
La repressione si è estesa anche ad altre regioni. Ciò ha anche comportato uno spostamento dei minatori di Bitcoin in altre regioni del mondo, più tolleranti e redditizie. Secondo il Bitcoin Mining Council, nel secondo trimestre del 2021 il 56% dell’energia utilizzata dai minatori di Bitcoin proveniva da fonti sostenibili.
Questa è stata la conseguenza delle preoccupazioni sul fatto che il consumo di energia nel mining di Bitcoin annuale era paragonabile a quello della Svizzera.
Proof-of-Stake: ecco che cos’è
Proprio come il proof-of-work, il proof-of-stake è progettato per ottenere un consenso distribuito sulla convalida delle transazioni. Questo significa raggiungere un accordo su un’unica versione della storia, che sarà condivisa con tutti nel registro pubblico della blockchain.
Nelle blockchain che utilizzano il proof-of-stake, i nodi della rete si impegnano a convalidare i blocchi, piuttosto che utilizzare la propria potenza di calcolo per “estrarli”. Quindi l’espressione “mining” non è tecnicamente corretto per descrivere i meccanismi di consenso proof-of-stake.
All’interno di queste reti, la sicurezza e il consenso vengono raggiunti dai partecipanti bloccando le proprie risorse digitali. “Mettere in staking” per l’appunto è un modo di partecipare alla sicurezza ed al consenso della blockchain, ed allo stesso tempo guadagnare ricompense.
Un sistema proof-of-stake quindi non premia maggiormente chi dispone di una potenza di calcolo maggiore, ma chi possiede più token nativi. Per partecipare alla manutenzione della rete, i nodi “bloccano” i token nativi utilizzando uno smart contract, rendendoli non spendibili per il tempo assegnato.
Per estendere la cronologia del consenso sulla blockchain, un algoritmo seleziona casualmente quali nodi diventeranno i validatori per ogni nuovo blocco. Questo processo di selezione randomizzata ha lo scopo di disincentivare i partecipanti malintenzionari dal tentare di sabotare il sistema.
Ethereum e Proof-of-Stake
ETH è un progetto attualmente in procinto di migrare dalla blockchain proof-of-work verso la blockchain proof-of-stake.
Ad agosto 2021, l’hard fork di Londra è diventato operativo, ed Ethereum si avvicina alla fusione con Ethereum 2.0 quindi alla transizione a una blockchain completamente proof-of-stake.
Una volta operativo, il proof-of-stake sarà più sostenibile dal punto di vista ambientale, poiché elimina la grande quantità di energia necessaria per creare nuova criptovaluta. Secondo Vitalik Buterin, il cambiamento ridurrà il consumo energetico di Ethereum di circa il 99,95%.
Il team di Ethereum afferma inoltre che il sistema sarà più resistente alla centralizzazione del potere all’interno della rete, poiché la partecipazione non dipende da hardware potenti come invece nel PoW.