Si sa, le guerre non fanno mai bene all’economia di un paese, specialmente nelle realtà già povere e con tanti problemi come la Russia di Putin.
Dopo le dichiarazioni di Putin dei giorni scorsi e l’attacco militare di questa notte ai danni dell’Ucraina, la situazione per l’economia russa, già in grosse difficoltà, sta avviandosi verso un punto di non ritorno. I cittadini russi, già martoriati dalla povertà e dai continui soprusi, potrebbero presto trovarsi in difficoltà ancora maggiori.
Se già la forzosa annessione diplomatica del paese confinante il territorio russo aveva causato qualche colpo di avvertimento da parte dei mercati, con primo crollo del 13% nella sola giornata di lunedì, la scellerata azione militare di questa notte potrebbe mettere Putin in una posizione scomoda rispetto a tutta la scacchiera internazionale.
In seguito agli eventi di questa notte, il Russian Stock Index, o RTSI, ha registrato un devastante crollo del 60% su base settimanale.
Seppure la Russia controlli un vastissimo territorio e l’egemonia culturale ha trovato qualche sbocco anche in alcuni territori confinanti, l’economia interna del paese è decisamente fragile e zoppicante. Specialmente se proviamo a rapportarla a USA ed UE, verso le quali non può minimamente reggere il confronto, sia in termini di potenza economica che militare. Anche i più vicini cinesi, sotto la guida di Xi Jinping, sarebbero da soli un avversario probabilmente fatale per le smanie espansionistiche di Putin.
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L’immaginario della potente e ricca Russia, che per i meno attenti si basa su ciò che se vede dai pochi oligarchi che controllano le ricchezze del paese facendo il buono e il cattivo tempo, è molto lontana dalla realtà dei fatti.
Confrontando i numeri russi con quelli delle economie avanzate occidentali, balza subito all’occhio l’estrema povertà e la ristrettezza cui il popolo è costretto. Vittime di un’economia disastrate che Putin, non certo da ieri, sta contribuendo a dissanguare anno dopo anno.
Inoltre le poche eccellenze che non riescono a fuggire e sono costretti a rimanere in patria per vivere di stenti, difficilmente presteranno il loro servizio fornendo tecnologie avanzate, frutto della ricerca scientifica, a un governo autoritario e scellerato come quello di Putin.
Non è difficile immaginare nella Russia di Putin, degli odierni eroi come Heisenberg, che già aveva implementato la tecnologia necessaria per la bomba atomica nel 1943, ma riuscì a tenerla lontana dal suo governo nazista. Probabilmente salvando anche solo con questo gesto la vita e la serenità di milioni di persone.
L’economia della Russia, non offrendo alcuna concreta possibilità di iniziativa economica privata e vivendo quindi nell’arretratezza, si basa, come molti altri territori politicamente e socialmente sofferenti, sulle materie prime che il territorio offre.
Nel caso della Russia di Putin, naturalmente si parla quasi esclusivamentev di Gas e Petrolio.
Nel 2019, il ministero russo delle risorse naturali e dell’ambiente, ha rilasciato una dichiarazione nella quale stimava che il valore complessivo delle attività collegate al petrolio, gas e altre risorse naturali ammontasse al 60% del Pil del paese.
Uno squilibrio enormemente rischioso per la stabilità economica, che indebolisce Mosca, rendendola vulnerabile alle variazioni del prezzo globale delle materie prime.
Una guerra scellerata in questo momento, oltre alle indiscutibili problematiche di approvvigionamento per i paesi di cui la Russia è fornitore, avranno ripercussioni ben peggiori per l’economia interna, che può sostenersi su poco altro, come abbiamo visto
Per quanto riguarda il petrolio, probabilmente il resto del mondo che si rifornisce (o riforniva) dalla Russia, non avrà particolari difficoltà a trovare alternative, azzerando già con questo uno dei due pilastri fondamentali dell’economia del paese.
Sul discorso delle forniture di gas e dei naturali aumenti di prezzo per il consumatore finale qualora si procedesse a sanzionare il paese, il dibattito è ancora aperto. Fortuna vuole però che alcuni paesi come l’Italia, nonostante qualche lotta politica interna, è riuscita a proteggersi almeno in parte aprendo i rubinetti a forniture alternative.
Una cosa è però palese per chiunque, chi ha da perderci più di tutti dall’incrinarsi dei rapporti commerciali internazionali non sono tanto i paesi esteri che vi si riforniscono, bensì la Russia stessa.
Il devastante crollo di questa settimana non può che esserne lampante dimostrazione:
Stalin una volta, quando gli giunse voce che il Papa non era contento del suo operato, chiese sarcasticamente: “Di quante armate dispone il Pontefice?”. Ironicamente oggi, la stessa frase potrebbe arrivare alla Russia più o meno da qualsiasi altra superpotenza, non appena l’autarca di Mosca dovesse provare ad alzare la cresta più di quanto non abbia già fatto. Che siano gli USA di Biden, la UE della Von Der Leyen, così come l’unico appoggio su cui forse avrebbe potuto contare nel caso il conflitto dovesse scalare, la Cina di Xi Jinping.
Quest’ultimo, peraltro, a quanto si è potuto vedere dai media che controlla, sembra tutt’altro che favorevole a una qualsiasi ipotesi o rischio di conflitto. Questo toglie anche la stampella strategica rappresentata dalla Cina, sulla quale l’oligarca russo poteva forse contare nel caso le cose si mettano male con l’Occidente.
Quali saranno le prossime azioni di un anziano e violento despota, ormai isolato dal mondo e accerchiato dai più giovani accoliti, che non aspettano altro che un fianco scoperto per fargli le scarpe?
Difficile a dirsi, anche se prendendo in prestito le parole di Kissinger è facile farsi un’idea:
“La moderazione è una virtù solo per quelle persone che pensano di avere un’alternativa.”
La disperazione di chi è messo alle strette, porta spesso all’irrazionalità e a prendere rischi agendo in modo avventato.
Avendo ormai ben poco da perdere, siamo di fronte a una pericolosissima scheggia impazzita che potrebbe far saltare il banco in qualsiasi momento. Con conseguenze inimmaginabili negli equilibri geopolitici del mondo intero.
Non resta che augurarsi che qualcuno riesca in qualche modo a fermarlo, per vie diplomatiche o con qualsiasi mezzo necessario.
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