Gli ultimi tempi ci mettono spesso di fronte a storie di cui spesso non riusciamo a capacitarci. Violenza gratuita atteggiamenti incomprensibili.
Le cronache di cui spesso sono condite le nostre giornate, ci parlano di storie di cui nella maggior parte dei casi nemmeno riusciamo a comprendere la ragione, il senso di certi atteggiamenti la dinamica vera e propria che può spingere singoli individui in una certa direzione. Il desiderio di sopraffazione, abuso, derisione, coinvolgere in dinamiche poco chiare persone, cosi, per il gusto di calpestarle, di rubarne qualcosa di minacciarle.
Il mondo del web con i suoi lati oscuri e le sue parentesi spesso, troppo spesso non regolamentate consentono ancora oggi che ci si ritrovi a leggere di storie impensabili, di atteggiamenti incomprensibili, di modi di vedere il tutto, assolutamente poco conciliabili con il rispetto che si dovrebbe avere sempre e comunque nei confronti di donne ed uomini. Cosa succede, di tanto in tanto, capace di scioccare, di far rifletter e parlare milioni di persone in merito a questa o a quell’altra vicenda. Cosa nasconde in alcuni casi il mondo oscuro del web?
Il punto centrale, quello che si andrà ad approfondire tra le righe di quest’articolo riguarda l’eventuale condivisione di materiale “spinto” in forma non consensuale. Quello in genere si definisce revenge porn, ma che secondo alcuni non avrebbe alcun senso chiamare in questo modo perchè lesivo nei confronti delle stesse vittime di questo triste fenomeno. L’approfondimento insomma proverà a chiarire alcuni punti che spesso i cittadini comuni nemmeno conoscono. Comprendere al meglio una situazione, una dinamica che esiste, eccome se esiste, in forma sempre più diffusa, tra le piaghe più o meno nascoste del web.
Contenuti spinti, la legge parla chiaro: cosa dice in merito? Cosa rischia chi si macchia di tale reato?
Per quel che riguarda quanto stabilito dalla legge non vi è alcuna differenza tra le due “categorie”. Il reato può avere insomma doppia lettura. L’articolo 612 regola il tutto. C’è poi da dire che per comprendere bene ciò che si rischia, cosa succede nel pratico se ci si macchia di tale reato bisogna in qualche modo allargare la schiera dei possibili esecutori, di quella platea che in qualche modo potrebbe incappare proprio tra le enunciazioni del reato stesso. La verità è che anche il campo delle possibili motivazioni che si nascondono dietro gesti simili è molto ampio. Nella maggior parte dei casi, o almeno in moltissimi di essi si parla di vendetta, un modo per vendicarsi insomma di un torto subito, di una storia terminata o per qualcosa di inerente ad un eventuale precedente rapporto.
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La legge 612 ter di recente concezione, parliamo del periodo successivo a numerosi fatti di cronaca che hanno fatto purtroppo più di una vittima, tra queste si ricorderà sicuramente di Tiziana Cantone, afferma quanto segue: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000“.
L’articolo 612 ter prevede inoltre ben due due circostanze aggravanti, che prevedono nell’ordine una punizione molto più severa:
- se la diffusione d’immagini pornografiche è commessa dal coniuge, ex coniuge o da persona affettivamente legata alla vittima e se i fatti sono commessi tramite strumenti informatici/telematici
- se il reato è compiuto su persone incapaci di intendere e di volere o con disabilità o di donne incinte.
La pena, in questi casi può essere aumentata dal giudice di un terzo e fino alla metà. Ciò che spesso non trova riscontro è il discorso legato alla vendetta eventuale dietro fenomeni del genere. Un recente sondaggio della Cyber Civil Rights Initiative fa emerge un dato molto significativo. Il 79% delle persone che hanno condiviso materiale intimo non lo avrebbe fatto per vendetta ma per “spirito di goliardia”. A testimoniare il fatto che sostanzialmente ci sono eventi ed eventi, storie e storie. Troppo spesso si pensa poco alle vittime e troppo ai carnefici e forme e modalità, non possono essere considerate assolute. Il pericolo in ogni caso è vivo e non va tanto d’accordo, almeno in queto caso con etichette o categorie ben delineate.