In questo articolo vedremo cos’è il Web 3. Qual è stata la sua evoluzione nel corso del tempo, quale sarà l’utilizzo che se ne farà nel nuovo mondo di internet.
In tanti avrete sentito ultimamente questa parola negli ultimi tempi. Di cosa si tratta esattamente? Web 3, o Web 3.0, è la nuova generazione di internet dove i grandi della Big Tech (Google, Amazon ecc.) lasciano il campo ai singoli utenti: noi.
Il mondo del Web 3 si prefigge dunque di decentralizzare il possesso di internet dalle mani dei grandi della tecnologia in modo da diminuire la dipendenza che gli utenti hanno nei confronti di queste grandi aziende.
Come è facile intuire, prima del Web 3 c’è stato il Web 2 e, di conseguenza, il Web 1. Il primo modello della matrix, pardon di internet, arrivò alla fine degli anni ’90 e si trattava più che altro di una grande varietà di homepage e link ipertestuali che riportavano ad altre homepage. Era chiaramente una versione “primitiva” dell’internet che conosciamo adesso e, a parte leggere lunghe file di testo, non c’era granché da fare.
Dopo il Web 1 venne il Web 2. Questa versione di internet si basava sul concetto rivoluzionario della modifica dei file e la creazione di contenuti propri. Per questo motivo è anche chiamata la generazione “read/write” di internet, e nomi come Tumblr o Craiglist nascono proprio in quel periodo. Facebook, Twitter e i social network in generale hanno portato tutto questo verso livelli forse impensabili all’epoca, ma sotto gli occhi di tutti adesso.
La creazione di nuovi mondi interattivi ha portato le persone a donare, letteralmente, tutta la loro privacy e i loro dati. Dati che i grandi della tecnologia hanno utilizzato per pubblicità e marketing personalizzato del cliente. Innumerevoli sono le volte in cui queste grandi aziende hanno dovuto pagare multe a causa del loro modo subdolo di richiedere ed ottenere informazioni private dei loro utenti. La più recente di queste multe è quella del 2019 commissionata a Facebook da parte della Federal Trade Commission, nella quale l’azienda di Zuckerberg ha dovuto pagare l’incredibile cifra di 5 miliardi di dollari.
Nonostante tutto il “gioco” del Web 2 si basasse su servizi sostanzialmente gratuiti, tante persone nel corso del tempo hanno sviluppato una nuova sensibilità a concetti come la privacy e, soprattutto, non vogliono più sottostare a regolamenti imposti da queste grandi aziende.
Tutto questo si traduce nella volontà non solo di usufruire dei servizi di queste aziende in maniera gratuita, ma di esserne compartecipi sia a livello azionistico che di governance. Alle Alle azioni del “read/write” del Web 2 si aggiunge quella del possesso, “own“, che è sfociato nel mondo delle criptovalute e delle blockchain in generale. Le blockchain non sono altro infatti che delle reti decentralizzate nelle quali, se si possiede un numero sufficiente di token, si può avere voce in capitolo sulla rete.
Come disse Brian Brooks, l’amministratore delegato di Bitfury, al Congresso americano: “Il vero messaggio qui è che ciò che accade nell’internet decentralizzato è deciso dagli investitori, mentre ciò che accade nell’internet principale è deciso da Twitter, Facebook, Google e un piccolo numero di altre aziende“.
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Adesso che abbiamo compreso la storia del Web 3, una domanda sorge spontanea: a cosa serve?
Il fulcro centrale della nascita, e quindi dell’utilizzo, del Web 3 è la nascita di nuove strutture di governance non più centralizzate, e quindi in mano di pochi, ma cooperative tra gli utenti di quella piattaforma.
La cooperazione avviene tramite i token governance che danno la possibilità a chiunque di intervenire e dire la propria nelle politiche di sviluppo di una determinata piattaforma o servizio.
Un esempio eclatante potrebbe essere quello dei videogiochi. Da tempo immemore i gamer di tutto il mondo lamentano bug, glitch e quant’altro all’interno dei loro videogiochi preferiti. Attraverso il Web 3 sarà possibile intervenire direttamente nelle politiche di sviluppo di quel determinato videogioco in modo diretto, a contatto con gli sviluppatori. Una delle aziende che ha già capito il futuro dei videogiochi è sicuramente Ubisoft, da poco acquistata da Microsoft, che insieme a Meta di Zuckerberg stanno creando le basi per i nuovi mondi virtuali all’interno del Web 3.
Un’altra delle bandiere del Web 3 sono sicuramente gli NFT. Questo non-fungible token saranno un vero e proprio punto di svolta all’interno dell’industria videoludica, permettendo ai singoli giocatori di possedere “per sempre” i vari oggetti che otterranno nei giochi.
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Ma non è mai tutto oro quello che luccica. I più attenti di voi avranno già capito l’inghippo. Se una piattaforma diviene gestibile da tutti quelli che comprano i token governance di quest’ultima, cosa impedisce ai ricconi di turno di acquistare la maggior parte dei token e quindi di dirigere la piattaforma a loro piacimento?
Lo spettro della decentralizzazione si scontra con la realtà del denaro. Nonostante il gran numero di progetti decentralizzati, blockchain, protocolli di finanza decentralizzata ecc. sono in realtà poche persone a detenere le chiavi di tutto il denaro presente al loro interno.
Personaggi come Vitalik Buterin, il co-fondatore di Ethereum, non hanno lo stesso peso all’interno delle governance di una piattaforma di quanto potrebbe avere una persona come quella che vi scrive, al di là del numero di token in mio possesso. Questo perché dietro al mondo del Web 3 vi è ancora un alone di magia che lo permea. W che fa sembrare chi è in grado di creare delle blockchain, al pari di uno stregone di qualche secolo fa.
Al di là di queste problematiche “giovanili” del Web 3, questo è un mondo in pieno fermento. Ciò che oggi è sicuro domani non lo sarà più. Vedremo in questi anni come si evolverà il concetto delle persone nei confronti di questo mondo. Al momento sembra reale e tangibile quanto la Matrix degli all’epoca fratelli Wachowski.
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