CoinShares pubblica le sue stime sulle emissioni di carbonio di Bitcoin e fornisce risultati comparabili in un report liberamente scaricabile.
Sostiene in un nuovo rapporto che le preoccupazioni sull’uso di energia e sulle emissioni di carbonio del mining di Bitcoin siano esagerate.
CoinShares è la più grande e longeva società di investimento in asset digitali d’Europa, che gestisce miliardi di dollari. Il Gruppo si concentra sull’ampliamento dell’accesso degli investitori all’ecosistema delle risorse digitali, sperimentando nuovi prodotti e servizi finanziari che cercano di fornire fiducia e trasparenza quando accedono a questa nuova classe di attività. CoinShares è quotata pubblicamente al Nasdaq.
Secondo CoinShares è difficile sostenere che il mining di Bitcoin sia, di per sé, un asset che consuma le risorse ambientali.
La Pubblicazione della ricerca ( qui il link ), evidenzia come le immissioni di carbonio impattino a livello minimo rispetto alla totalità globale della finanza.
Secondo le stime valutate in merito al mining della blockchain di bitcoin, l’energia consumata e le emissioni di anidride carbonica ad esso associate sono scese notevolmente nel corso del tempo.
Secondo Coinshares, l’incidenza dell’emissione di carbonio è del tutto irrilevante. A perorare tale affermazioni possono essere prese in considerazione le stime di Galaxy Digital, che afferma che solamente il reale inquinatore del pianeta è il sistema produttivo made in USA.
Gli ambientalisti hanno criticato Bitcoin per i suoi consumi energetici. Ogni settimana, a quanto pare, il consumo di elettricità sulla rete viene confrontato con quello di un paese diverso. La rete Bitcoin richiede intenzionalmente molta energia per funzionare, poiché i “miners” di Bitcoin competono per decifrare enigmi crittografici e guadagnare BTC; il processo aiuta a mantenere la blockchain sicura, decentralizzando così la rete, ed è anche tale consumo energetico che definisce il valore intrinseco dell’asset digitale.
Le critiche poi dal Bitcoin si sono estese anche ad altre criptovalute. Ultimamente inoltre anche verso gli NFT, ovvero asset digitali di proprietà unica, basati su blockchain, legati a beni di arte virtuale e oggetti da collezione digitali.
Mentre la maggior parte degli NFT sono emessi sulla blockchain di Ethereum, che utilizza un processo di mining simile a Bitcoin, altri sono coniati su reti “proof-of-stake” come Solana, che non richiedono mining e hanno una spesa energetica molto inferiore.
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Sebbene CoinShares non affronti gli NFT o le criptovalute più in generale, pensa però che il giudizio negativo verso Bitcoin sia esagerato, definendo il suo consumo di energia “con brutta reputazione“, e benché consumi energia in parte a vuoto, il costo proporzionato all’impatto ambientale è del tutto sostenibile.
A giustificare le valutazioni vi è la considerazione che tecnicamente la rete di mining di Bitcoin tenderà ad elidere il consumo nel tempo in quanto la supply verrà ad esaurire le estrazioni, mentre si voterà maggiormente alla registrazione delle transazioni e quindi sarà remunerata solamente tramite le fees di reward. Questo potrà effettivamente permettere una comparazione più equa tra la blockchain di bitcoin e altri sistemi di transazione digitale di moneta elettronica come i circuiti Visa e Stripe.
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In ultima istanza CoinShares prevede che, siccome chi dedica la propria attitività principalmente all’estrazione del bitcoin, ha la prerogativa di essere molto più mobile, e riesce a seguire le opportunità di sfruttamento dell’energia a costi più bassi a seconda dei mercati energetici, probabilmente si vedrà l’utilizzo di energia sempre più da fonti rinnovabili, per l’estrazione del bitcoin, e quindi la chain di bitcoin sarà sempre più carbon neutral.
La distribuzione sempre più diffusa di disponibilità di accesso a reti più stabili di più ampia ampiezza di banda, nonché la diffusione delle reti 5G, determineranno zone di accesso energetico green e a basso costo, con possibilità di mining stabile e continuo, e ciò rappresenterebbe una evoluzione sostenibile a basso impatto ambientale.
Tuttavia, non tutte le giurisdizioni utilizzano metodi sostenibili. Se si prendono come riferimenti quattro zone mondiali che sono attive nel mining del Bitcoin, ovvero il Kazakistan, gli stati americani del Montana e del Kentucky e la provincia canadese dell’Alberta, si nota come essi siano responsabili del 43% delle emissioni di carbonio dall’estrazione di Bitcoin, ma coprono, solo il 26% del consumo dell’energia totale della rete facendo affidamento all’utilizzo del carbone, petrolio e gas.
Altre regioni, come la Svezia e le province del Quebec e Manitoba, superano il loro range energetico, rappresentando circa il 5,2% dell’hashrate di Bitcoin, ma producendo emissioni trascurabili.
Questo cambierà, insiste CoinShares. Ma anche se così non fosse, dice, “i costi di emissione di Bitcoin sono compensati dai suoi benefici”.
Quindi, col fatto che sempre più dati possono essere analizzati nel corso del tempo, e con l’acquisizione di maggiori varabili utili alla “causa”, il dibattito sul consumo sostenibile del mining del bitcoin, potrebbe nel corso dei prossimi anni affievolirsi, e non incidere catastroficamente come molti detrattori inconsapevoli a livello tecnico teorizzano ..
Il futuro è, come sempre, tutto da scrivere.
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