L’hashrate di Bitcoin scende dopo il blocco di Internet in Kazakistan, Paese che ad agosto rappresentava il 18% dell’output power di Bitcoin.
Il Kazakhstan ha interrotto l’accesso a internet a tutti i cittadini a seguito di una rivolta. A seguito di ciò l’hashrate (la potenza di calcolo dei computer dei minatori e dei gestori della rete di bitcoin) è crollato del 14% secondo i dati riportati da Btc.com. Secondo il Cambridge Center for Alternative Finance, il Kazakistan è diventato lo scorso anno il secondo Paese al mondo per mining di bitcoin dopo gli USA.
La Russia giovedì ha inviato dei militari in Kazakistan per aiutare a sedare la rivolta in tutto il paese. La polizia ha affermato di aver ucciso decine di rivoltosi nella città di Almaty, mentre la televisione di stato ha parlato di 13 morti nelle fila delle forze dell’ordine.
Mercoledì scorso internet è stato bloccato in tutto il paese in quello che il sito Netblocks ha definito “un blackout su scala nazionale”. La mossa avrebbe probabilmente impedito ai minatori con sede in Kazakistan di accedere alla rete Bitcoin. Bitcoin e altre criptovalute vengono “estratte” da computer ad alta potenza, che competono per risolvere complessi enigmi matematici.
Nell’agosto dello scorso anno, secondo i dati più recenti, il Kazakistan rappresentava il 18% dell’hashrate globale. Ad aprile, prima dell’ultimo ban della Cina sull’estrazione di bitcoin, rappresentava “solo” l’8%. L’hashrate nei principali pool di mining di criptovalute – gruppi di minatori in diverse località che si uniscono per produrre Bitcoin – tra cui AntPool e F2Pool giovedì scorso è diminuito di circa il 14%. Tutto ciò ha ovviamente avuto una conseguenza sul prezzo della cryptovaluta. Giovedì il bitcoin è sceso sotto i $ 43.000, testando i minimi recenti, anche a causa delle dichiarazioni della FED. In linea generale, più minatori sono presenti sulla rete, maggiore è la quantità di potenza di calcolo necessaria per estrarre nuovi bitcoin. L’hashrate diminuisce se i minatori abbandonano la rete, in teoria rendendo più facile per i minatori rimanenti produrre nuova cryptomoneta.
Il mining in Kazakistan è alimentato per lo più da vecchie centrali a carbone, il quale rappresenta da anni un problema per l’ambiente e per l’economia. Il governo kazako ha dichiarato l’anno scorso di aver pianificato la repressione dei minatori “a nero” che secondo le stime potrebbero consumare il doppio di energia rispetto a quelli ufficialmente registrati. Il ministero dell’energia ha affermato che l’anno scorso le miniere non ufficiali potrebbero aver consumato fino a 1,2 GWt di energia, che insieme ai 600 MWt delle miniere “ufficiali” rappresentano circa l’8% della capacità di generazione totale del Kazakistan.
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