Una risparmiatrice aveva aperto un contenzioso per via di un buono fruttifero del 1989. Cosa ha stabilito il tribunale in merito alla questione
I buoni fruttiferi un tempo erano molto utilizzati. In tanti hanno potuto beneficiare delle rendite generate da questi strumenti messi a disposizione da Poste Italiane. Col passare del tempo però sono diventati meno redditizi e soprattutto hanno dato vita a delle vere e proprie diatribe.
Una storia piuttosto eclatante in tal senso è quella di una risparmiatrice titolare di un buono fruttifero del valore di 5 milioni di lire risalente al 1989. L’istituto postale si era detto disposto a versare alla donna circa 28mila euro. Decisione non digerita dalla controparte, che ha deciso di far valere i propri diritti portando la questione in tribunale.
Il giudice ha dato ragione alla signora che alla fine ha ottenuto un riconoscimento da parte di Poste Italiane pari a 65mila euro. Dunque, 37mila euro in più rispetto a quanto avrebbe pagato l’azienda. Una differenza di non poco conto, che crea un precedente importante in tal senso, almeno per quanto riguarda alcune serie emesse dopo il 1986.
Ad onor del vero non è la prima volta che la risoluzione di casi analoghi viene decretata da un giudice. In pratica Poste Italiane nonostante alcuni cambiamenti inerenti ai tassi, continuava ad utilizzare quelli vecchi e a voler pagare solo quelli più bassi. Ciò ha generato alcune incongruenze e ha portato solo nell’anno 2020 al ricorso da parte di 3mila risparmiatori.
Quest’ultimi, avevano presentato degli esposti all’arbitro bancario per vedersi riconoscere gli importi più alti e alla fine, in molti casi hanno avuto ragione.
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La sentenza del tribunale di Torino potrebbe quindi dare nuova linfa a coloro che sono in possesso di buoni delle serie O, P e Q-P che ancora non hanno agito in tal senso. In questo specifico caso ha permesso ad una correntista di poter ottenere una cifra decisamente più consistente, che al giorno d’oggi può tornare molto utile per realizzare diversi progetti.
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