In Germania, le criptovalute sono considerate una “unità di conto”. Un’eventuale associazione dei Bitcoin alla stregua di una valuta fiat potrebbe far pensare che una legge che approvi la vendita e la custodia di criptovalute da parte della banca centrale avvantaggerebbe solo il mercato interno, ma non è così.
Una legge del genere resta ancora avvolta nel mistero. A novembre, il parlamento tedesco ha approvato l’attuazione della quarta direttiva UE sul riciclaggio di denaro che consentirebbe alle banche di vendere e archiviare beni digitali per conto dei propri clienti.
Handelsblatt, quotidiano commerciale nazionale, ha affermato che le banche che offrono questo servizio dovrebbero farlo da un’entità legale diversa, separata dalle altre “transazioni bancarie regolamentate”. Le banche, quindi, dovrebbero avere “istituti esterni o filiali speciali”.
Questa legge è entrata ufficialmente in vigore il 1° gennaio; da allora, diverse banche tedesche si sentono più a proprio agio. La vendita e la custodia di criptovalute è adesso consentita dalla legge, anche se non esiste una direttiva esplicita.
Ecco la parte difficile: questa legge non riguarda le entità tedesche ma quelle che si rivolgono attivamente al mercato tedesco. Se un istituto finanziario non vuole essere influenzato dalla legge, basta che non rivolga attivamente al mercato tedesco.
L’Autorità Federale di Vigilanza Finanziaria, che regolamenta il mercato in Germania, non ha definito chiaramente cosa si intende col non rivolgersi attivamente al mercato interno. Le banche, al fine di vendere e conservare criptovalute, devono ottenere una licenza dall’Autorità, senza la quale verrebbero accusate di reato, con un processo oneroso e che comporta determinati obblighi e costi connessi.
Il costo della licenza è di 50.000 euro e deve essere acquistata entro il 30 novembre 2020; in caso contrario, le banche che offrono tali servizi saranno considerate illegali.